Anno nuovo, problemi vecchi. Se la campagna olivicola e olearia dello scorso anno aveva lasciato tutti soddisfatti, grazie a un mix di alta qualità, abbondante quantità e prezzi elevati, lo stesso non sembra potersi dire per quanto sta accadendo nell’annata in corso.
A creare timori e turbolenze è il prezzo dell’olio all’ingrosso, termometro che sta facendo fibrillare gli addetti ai lavori. «Avevamo iniziato la campagna nei primi giorni di ottobre con ottime premesse e con un prezzo dell’olio all’ingrosso intorno ai 9-9.5 euro al chilo» spiega Michele Arbore, uno dei tanti piccoli produttori coratini. «Poi, improvvisamente e in maniera repentina, il mercato è calato in tutte le piazze europee ed è finito in una fase di stallo, al punto che la Camera di commercio non è stata in grado di stabilire un prezzo ufficiale».
In base alla situazione rilevata il 12 novembre scorso, infatti, la Camera di commercio ha definito le quotazioni «non accertabili» in quanto «il mercato dell’olio evo è in fase di assestamento». Ora, a far tribolare i produttori è il nuovo prezzo che verrà stabilito: il timore è che possa essere eccessivamente basso.
«Si diceva da qualche tempo che il prezzo dell’olio sarebbe calato, ma non era chiaro in quali termini. Poi tutto si è fermato» prosegue Arbore. «Ovviamente questa incertezza rende instabile anche il mercato delle olive perché diventa difficile comprare senza avere un rifermento chiaro per l’olio. Sento dire che il prezzo potrebbe addirittura arrivare a 7 euro euro al chilo: sarebbe un grosso danno perché non riusciremmo a stare nelle spese».
Ma a cosa si deve la tensione sui mercati? «Alla base di questo prezzo in discesa c’è l’inserimento sul mercato di grosse quantità d’olio a basso costo (intorno ai 5 euro al chilo) dal Portogallo» sottolinea Arbore. «Questi Paesi, rispetto all’Italia, riescono a produrre tanto tenendo i prezzi bassi, mentre noi abbiamo ancora una raccolta più tradizionale, con una maggiore qualità ma con costi superiori. La campagna dello scorso anno fu straordinaria anche perché nel resto d’Europa era stato prodotto poco olio mentre da noi abbondava: stavolta invece la situazione sembra quasi capovolta. Ma noi, per avere una giusta remunerazione, dobbiamo davvero solo sperare che nelle altre nazioni la raccolta vada male? Noi piccoli produttori ce la mettiamo tutta. Di sicuro non possiamo essere influenzati dalle produzioni estere perché a queste condizioni non possiamo competere».
C’è, in ogni caso, chi predica calma e assicura che la tensione sui mercati – principalmente dovuta a schermaglie commerciali e speculazioni estere – non avrà vita lunga e di qui a un paio di mesi potrebbe e dovrebbe riportare le quotazioni su livelli accettabili.
Prezzi a parte, secondo gli addetti ai lavori quella 2024 sarà un campagna abbastanza breve. «Credo durerà al massimo fino all’inizio di dicembre perché il prodotto è poco a causa della siccità che negli ultimi mesi ci ha reso la vita molto difficile e dei diversi sbalzi di temperatura che hanno compromesso la fioritura delle piante. Quanto alla qualità – conclude Arbore – siamo sempre su alti livelli, ma abbiamo visto che a volte non basta per essere competitivi sul mercato».
Tutti argomenti forvianti l’ olio buono costa per quello che vale e deve rispettare i reali costi di produzione. Il prezzo lo fa chi lo produce. Olio sottocosto ? Sappiamo a cosa si va incontro