Politica

Barbanente: «Il progetto sulla C4 va ripensato per migliorare la qualità della città»

Michele Colaleo
incontro sulla c4
Martedì sera Città Civile e La Corrente hanno incontrato i cittadini presso il Chiostro delle Clarisse per discutere dell'imponente piano edificatorio previsto tra Via Ruvo e Viale dei Lilium
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L’assemblea congiunta sul destino urbanistico della zona C4 organizzata da Città Civile e La Corrente ha fatto registrare una significativa ed attenta partecipazione di pubblico. I tanti cittadini presenti, proprietari o non di particelle appartenenti ai circa 400mila metri quadri sui quali nascerà un nuovo grande quartiere residenziale, hanno ascoltato ed interloquito con gli ospiti della serata.

Angela Barbanente – docente di Pianificazione Territoriale presso il Politecnico di Bari – e Nino Matassa – avvocato amministrativista – hanno analiticamente espresso le loro riflessioni sul tema in questione, con considerazioni e ragionamenti di tipo urbanistico, giuridico e più ampiamente politico.

La moderazione dell’evento è stata affidata all’architetto Davor Franchini, che ha sapientemente coordinato e stimolato lo svolgimento dell’intero dibattito.

La professoressa Barbanente si è soffermata sui caratteri di fondo della tipologia di insediamento urbano che si andrà a configurare in zona C4, sottolineando come il progetto “sotto il profilo della dimensione, dell’ubicazione, delle modalità di attuazione è chiara espressione di una visione vetusta dell’urbanistica, in quanto si tratta di un intervento di espansione residenziale che non fa i conti il concetto di sostenibilità”.

Tale principio è per la Barbanente fondamentale in ogni nuova iniziativa di edificazione, ed in questo caso “si declina negativamente sia in termini ambientali – non si tratta di un recupero di aree dismesse o abbandonate, ma di una nuova occupazione di terreno agricolo – che sociale – si amplia la città col rischio di creare un grande quartiere-dormitorio totalmente fuori scala per Terlizzi, con tutti i rischi connessi rispetto all’efficacia ed alla dotazione dei servizi da realizzare”.

Matassa ha invece analizzato il peculiare rapporto tra ente pubblico e soggetti privati che si andrebbe a configurare se il progetto C4 procedesse secondo le sue attuali caratteristiche. L’avvocato chiarisce che “l’amministrazione ha avviato un piano di iniziativa pubblica per l’espansione residenziale del territorio comunale; ciò significa che le opere di urbanizzazione primaria – acqua, fogne, servizi essenziali – devono essere realizzate dal pubblico e con risorse finanziarie pubbliche, ricavate grazie al rilascio dei permessi a costruire”.

Rispetto a questa posizione dell’ente comunale, il cittadino proprietario di uno dei terreni coinvolti viene a trovarsi in un rapporto perequativo con il pubblico, poiché “la grande unità territoriale viene suddivisa in 34 aree di minimo intervento autonome, che quindi possono essere realizzate in maniera autonoma e distinta dai legittimi proprietari, ai quali spettano pari volumetrie nelle aree edificabili che vanno a sostituire l’esproprio”.

Secondo Matassa, mettere insieme in un unico grande piano di lottizzazione elementi di iniziativa pubblica ed altri di iniziativa privata di questo tipo “rischia di creare grossi problemi di logica urbanistica, perché ciascun sub-comparto è di fatto autonomo e non c’è una logica temporale d’insieme che garantisca la coerenza architettonica delle singole lottizzazioni e l’effettiva disponibilità comunale di tutte le risorse finanziarie, derivanti dalla concessione dei permessi”.

Queste in sostanza le tesi e le perplessità degli esperti, alle quali si sono sommate quelle dei cittadini, che con domande e spunti di riflessione hanno dimostrato la necessità di un maggior coinvolgimento di chi è amministrato nelle iniziative di chi governa la città.

In tal senso la chiosa della Barbanente, che si chiede come sia possibile che “nonostante non ci siano benefici per la gran parte dei cittadini, vi siano gruppi di interesse che riescono a prevalere sul bene della collettività”. Secondo la docente, la risposta sta nel fatto che “si attiva solo chi ha un interesse diretto nelle misure da realizzare, mentre la gran parte dei cittadini è inconsapevole dei costi sociali ed economici che le stesse comportano, assolutamente non compensati dai vantaggi in termini di nuove realtà abitative sul territorio”.

giovedì 15 Novembre 2018

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