Il verdetto

Costa Concordia, Schettino è stato condannato: a bordo della nave c’erano tre terlizzesi

La Redazione
schettino
I coniugi Giovanni Bufi e Silvia Summo, con il figlio Leonardo, furono tra i superstiti del naufragio nel 2012
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Cala il sipario sulla vicenda giudiziaria della Costa Concordia.

La Corte di Cassazione ha condannato ieri in via definitiva a 16 anni di reclusione Francesco Schettino, il comandante che nella serata del 13 gennaio 2012 tentò un “inchino” di fronte all’isola del Giglio (Grosseto), portando però la nave contro gli scogli. Schettino, unico imputato di quella tragedia, è già in carcere a Rebibbia.

La tragedia sfiorò anche la nostra città. A bordo della nave, quella tragica notte, era presente infatti anche una famiglia terlizzese composta da tre persone, due adulti ed un ragazzo. I coniugi Giovanni Bufi e Silvia Summo, che con il figlio Leonardo erano sulla nave affondata, per fortuna furono tra quelli tratti in salvo durante le operazioni di soccorso.

Erano in crociera per festeggiare 25 anni di matrimonio. Scampata al naufragio, la signora Silvia raccontò poi a TerlizziLive: «Eravamo tutti e tre al ristorante del terzo piano per la cena. Al tavolo accanto al nostro c’era una coppia di sposini di Bisceglie, Nicola di 21 anni e Daniela di 22. Avevamo ordinato gli antipasti. Erano le 21.30 – 21.35 e abbiamo sentito prima il rumore anomalo, come di un raschio sotto la nave e poi è andata via la corrente. Dopo pochi secondi la nave fa una virata e piatti, bicchieri, posate e bottiglie finiscono per terra. A quel punto mio marito mi dice: fino a stasera affonda. Abbiamo avvisato gli sposi e siamo corsi verso la nostra cabina al secondo piano per recuperare il salvagente».

«Una volta usciti dalla cabina con i giubbotti alllacciati, la gente ci guradava come se fossimo pazzi – continua la ricostruzione della signora Bufi. – Non si erano ancora resi conto di ciò che stesse accadendo. Noi grazie alla prontezza e all’esperienza di mio marito abbiamo seguito le indicazioni verso l’unica uscita di emergenza che ci ha portati sul ponte».

«Abbiamo aspettato vicino alle scialuppe per un’ora con il vicecommisario di bordo, un napoletano di una trentina d’anni che ci diceva di tornare a dormire. Nel frattempo c’era stato il segnale di abbandono della nave (sette fischi lunghi e uno corto). Ma il vicecommisario sosteneva che la sequenza acustica significasse solo emergenza. A quel punto mio marito si è alzato dicendo di essere esperto di navi ed ex marittimo e solo a quel punto il vicecommissario si è convinto a calare le lance. Alle 22.30 -22.35 è arrivata la guardia costiera e sono iniziate le operazioni di trasferimento a terra. Meno male che la costa era vicina e che il tutto è successo durante la cena altrimenti se fosse successo durante la notte la catastrofe avrebbe avuto altri numeri».

domenica 14 Maggio 2017

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