“Delitto e castigo” di Fedor Dostoevskij

Luciana De Palma
Un uomo compie un delitto e si ritrova ad affrontare i propri fantasmi
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Un giovane studente, che vive in un misero appartamento di San Pietroburgo, uccide la vecchia padrona di casa, un’usuraia, un giorno in cui, non tanto l’onere del denaro mancante lo opprime in maniera particolare, quanto il fastidio di sentirsi ripetere ogni giorno quanto egli sia in ritardo nei pagamenti. Il delitto si compie: un fastidioso grattacapo è stato eliminato.

Oltre ad essere stata soppressa la vita di un essere umano. Raskol’nikov, il protagonista del romanzo, è finalmente libero: nessuna presenza ostile da incontrare per le scale, nessuna odiosa voce che gli ricorda il suo dovere, nessuna limitazione alla possibilità di vivere tranquillamente. I giorni scorrono in un’apparente fluidità: ben presto infatti Raskol’nikov è punto dai rimorsi, dal tormento.

La sua vicenda personale si snoda tra quelle di una miriade di personaggi minori, donne e uomini dalla psicologia complessa e affascinante: l’eccellenza di Dostoevskij sta nell’opera di scarnificazione dell’animo umano così come nell’attenzione approfondita ai particolari, ai dettagli a cui vengono conferiti leggerezza e forza in virtù della loro sostanziale funzione di traghettatori da una scena e all’altra, nell’intera solida economia del romanzo.

In Raskol’nikov continua la battaglia della sua coscienza: può provare ad allontanare dalla mente il terribile gesto della sua mano che si scaglia contro la vecchia, può provare ad ignorare una verità che, ancora in forma latente, comincia ad emergere come un’alga dagli abissi, può trincerarsi dietro la follia per esorcizzare l’atto criminale e rendersi degno dell’altrui pietà, ciò che invece egli non può è evitare che l’ispettore di polizia, incaricato di occuparsi del delitto, eserciti sulla sua coscienza, pur senza averne consapevolezza, un’azione di tenace e paziente abrasione, un’opera di silente persuasione alla confessione.

Il lettore, arrivato a questo punto del romanzo, freme, mantiene palpitante il ritmo della lettura, partecipa alla strenua lotta intellettuale tra l’ispettore e l’assassino, non ha affatto voglia di chiudere il libro e aspettare il giorno dopo per sapere cosa accadrà. L’interrogatorio è logorante, l’ispettore è certo della colpevolezza di Raskol’nikov, ma non riesce a provarlo; l’assassino d’altra parte, proprio per l’assenza di prove, è certo di farla franca.

La figura dell’ispettore merita una considerazione particolare: egli non è il rappresentante del bene, non è la contrapposizione all’ingiustizia; pur sospettando fortemente Raskol’nikov ed essendo quasi del tutto certo che sia stato lui a commettere il delitto, l’ispettore vuole piuttosto indurlo alla confessione, provoca continuamente la sua coscienza, sobilla i suoi residui di giudizio, egli stesso è lucidamente stoico nel non cedere alla tentazione di non credere più al suo istinto. In realtà Raskol’nikov, con i suoi tormenti, ha già dato il via al castigo, inteso come pena, come sofferenza indicibile che si infligge da sé, egli non può più sopportare l’immensa solitudine morale in cui, fin dai giorni successivi al delitto, vive.

L’ispettore ha solo acceso un fiammifero laddove una montagna di paglia è pronta a prendere fuoco. Non c’è pena peggiore di quella che la ragione ci impone di patire quando la verità sale a galla con disarmante semplicità. Rodion Raskol’nikov si costituisce ed è deportato in Siberia. Laggiù però non sarà solo. L’amore di Sonja, una giovane donna docile e umile che, per vivere, deve prostituirsi, argina il dolore insopportabile di Raskol’nikov, dà una prospettiva al castigo che dovrà a lungo scontare. Il delitto è stato efferato, la pena sarà lenta, profonda, inesorabile.

C’è una coscienza a cui dover rendere conto, le sue sentenze sono senza dubbio molto più terribili di quelle emesse da qualunque altro tribunale, ma l’amore può essere talmente grande da contenere qualunque bruttura dell’anima, qualunque follia, grande tanto da restituirle dignità. E Raskol’nikov, nella sua detenzione, sperimenterà entrambi, la sofferenza e l’amore: immaginiamo che patirà senza sosta il primo, senza mai smettere di aspirare al secondo.

giovedì 31 Maggio 2012

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