Economia circolare, un ritorno al modello “natura”

Legambiente Corato
In un'economia circolare, il rifiuto diventa risorsa, resta all'interno del sistema economico e viene usato per creare nuovo valore. Questo concetto si può tradurre in un vasto corollario di nuove abitudini di produzione e consumo
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In natura, il concetto di rifiuto è sconosciuto e tutte le risorse si trasformano costantemente per diventare nuovamente utili all’ecosistema. Il frutto di un albero è prima cibo per gli animali e poi concime per la vegetazione; l’ossigeno, scarto della respirazione delle piante, mantiene in vita altre specie viventi; l’acqua che evapora dai mari, mantenendone l’abitabilità tramite un processo di termoregolazione, irriga la terra.

La specie homo sapiens è stata la prima ad interrompere questa tradizione biologica, dando vita ad un modello economico cosiddetto lineare, in cui le risorse vengono estratte dall’ambiente e trasformate in prodotti che verrano poi consumati e scartati, divenendo rifiuti da ammassare nelle discariche.

Tuttavia, proprio negli ultimi anni le associazioni di consumatori, i governi e i privati hanno intrapreso un percorso di studio e cambiamento che mira a trasformare questo processo, rendendolo più simile a quello naturale. Al nuovo modo di produzione è stato dato il nome di economia circolare.

In un’economia circolare, il rifiuto diventa risorsa, resta all’interno del sistema economico, e viene usato per creare nuovo valore. Questo concetto si può tradurre in un vasto corollario di nuove abitudini di produzione e consumo.

Ad esempio, si pensi ad un prodotto che possa essere disassemblato nelle sue varie componenti per essere riciclato e quindi immesso nuovamente nel ciclo produttivo per diventare qualcos’altro. In questo senso, acquista una grande importanza il concetto di ecodesign, ossia la progettazione in partenza del prodotto secondo i principi della modularità e dell’uso esclusivo, per quanto possibile, di materiali riciclabili. In questo senso, già attualmente alcune grandi aziende utilizzano dei programmi di richiamo dei propri prodotti in disuso presso i clienti, per poterli riciclare e riutilizzare nella produzione.

Secondariamente, prima di giungere al suo riciclo, in un’economia circolare il prodotto è pensato per essere rivenduto facilmente da utilizzatore ad utilizzatore. Perché questo sia possibile, naturalmente, è necessario che il prodotto duri più a lungo; deve dunque essere eliminata la durata programmata dei beni, molto spesso riscontrata ad esempio nei cellulari, a vantaggio della durabilità e riparabilità del prodotto.

Un altro punto di forza dell’economia circolare è la sostituzione della produzione di beni con l’offerta di servizi. Un esempio molto utile è quello delle auto; sostituire l’acquisto di un auto per famiglia con il car sharing, ossia la condivisione di un’unica vettura tra diversi individui che ne hanno bisogno, può portare benefici all’ambiente, risparmio economico al singolo e creare nuove professionalità che gestiscano il servizio. Infine, naturalmente, un altro tassello importante riguarda l’energia, che dovrebbe essere reperita tramite fonti rinnovabili e non risorse destinate ad esaurirsi.

Il passaggio a questo tipo di economia richiede senza dubbio un ripensamento del nostro modo di vivere, che tuttavia non deve necessariamente coincidere con una forma di privazione. Un nuovo modo di produrre e consumare può portare opportunità che finora non erano ancora state previste. Questa prospettiva trova conferma nel fatto che ormai molte imprese, anche multinazionali, si sono dette interessate al modello e hanno investito per realizzarlo. Nel privato, infatti, il riutilizzo delle materie riciclate può aiutare ad abbassare i costi per l’acquisto di materie nuove; l’utilizzo di energia rinnovabile può abbattere i costi dell’approvvigionamento energetico; inoltre, l’innovazione tecnologica necessaria a produrre beni circolari può aumentare la competitività di queste aziende, rendendole capaci di proporre prodotti nuovi e all’avanguardia e garantendo loro un vantaggio comparato.

Allo stesso modo, dal punto di vista sociale, l’economia circolare porterebbe alla comparsa di nuovi posti di lavoro legati a figure professionali e a nuove competenze relative ai servizi, alla manutenzione e alla riparazione anziché al lavoro di produzione che invece è ormai in larga parte automatizzato.

Naturalmente, l’impatto più grande si otterrebbe sul piano ambientale. Non solo per il minore impatto che il consumo avrebbe sulle risorse del pianeta, ma anche sull’inquinamento atmosferico e sul riscaldamento globale derivanti dalla produzione.

venerdì 2 Novembre 2018

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