“Cime Tempestose” di Emily Bronte

Luciana De Palma
Una forsennata passione lega due anime inquiete che, brutalmente divise in vita, saranno finalmente unite dalla clemenza della morte
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Una furia travolgente e un’inquietante atmosfera gotica serpeggiano, come rosse lingue di fuoco, dalla prima all’ultima pagina del romanzo. Catherine e Heathcliff, creature che l’autrice ha plasmato con l’odio più terribile e con l’amore più sfolgorante, ardono di una passione viscerale, continua, inesauribile, fino a morirne.

La morte è il finale temuto quanto atteso, impensabile quanto risolutivo di una storia che, mentre germoglia, reca già in sé il frutto aspro. Gli eventi ondeggiano pericolosamente come un’esile farfalla tra i rami spinosi di un rovo. Il maestoso finale rende universale quest’altissima tragedia, benché non sia affatto la morte in sé a rendere grandiosa una vicenda raccontata retrospettivamente: qui Catherine e Heathcliff, i protagonisti del romanzo, non attendono la morte per rendersi immortali, lo sono già mentre vivono, quando, bambini, corrono tra le selvagge brughiere, quando cavalcano tra le lande desolate, quando sognano e sentono e partecipano a tutta la sorprendente e funesta bellezza della vita. Il paesaggio che li circonda, costantemente innevato, impervio, aspro, duro e difficile, accentua la vitalità feroce dei loro sentimenti, delle loro audaci speranze, dei loro folli desideri. Catherine e Heathcliff si amano fin da piccoli, si cercano, non possono stare l’una senza l’altro.

L’identità delle loro anime è sorprendente, la loro è l’unione viscerale di due spiriti; si riconoscono l’uno nell’altra. Non c’è complementarietà né complicità, l’uno è ciò che è l’altra, l’uno non è ciò che non è l’altra. Heathcliff è un vascello che vive di ogni tempesta che tormenta i mari, Catherine è l’onda che sfiora la riva per ritornare negli abissi, entrambi condannati dal supplizio di avvertire l’immensità del reciproco amore e di essere nello stesso tempo consapevoli dell’impossibilità di attuarlo. Heathcliff è arrivato in casa Earnshaw come un trovatello, il signor Earnshaw l’ha raccolto per strada e l’ha portato a casa. Se all’inizio Heathcliff non suscita le simpatie della piccola Catherine, in seguito ne diventerà il miglior amico, il compagno d’avventure nell’immensa brughiera, alla ricerca di rifugi e di anfratti che diventeranno il loro segreto. Il fratello maggiore di Catherine, Hindley, continuerà invece a provare rancore per quel bambino selvaggio che inspiegabilmente suo padre ha portato a casa da Liverpool.

L’asprezza del carattere di Heathcliff si accorda in maniera splendida con la selvatichezza di Catherine: senz’alcuna inclinazione alla cortesia il primo, priva di maniere gentili la seconda. I venti glaciali, la vegetazione rada, la terra dura dei campi, perfino il cielo sempre agitato come le acque dei lontani oceani sono nulla in confronto alle bufere che si muovono nelle menti e nei corpi dei due giovani, agli incendi che divampano nelle loro anime e che, continuando come fiamme perenni a bruciare, eccitano ogni singolo giorno della loro infanzia. Finché un incidente costringe Catherine a restare per alcune settimane in casa Linton, una famiglia che vive nei paraggi. Ritornata a casa, la giovane donna è irriconoscibile: sembra più docile, ha modi da perfetta lady, è il risultato finale di un corso accelerato di bon ton. Heathcliff non riconosce più in lei la spregiudicata cavallerizza, l’indomita ribelle che, sprezzante di ogni previsione atmosferica, non s’accontentava di nulla di meno di una corsa tra le fredde lande.

Ed ecco che poco dopo  Catherine si sposa con il rampollo di casa Linton. Per Heathcliff è la fine: se fino a quel momento la sua anima, incrollabilmente sfrenata di fronte a tutte le avversità, aveva saputo resistere alla sua stessa grandezza perché Catherine le faceva da sostegno, adesso non può che liberare tutta la forza distruttiva che fino a quel momento, in qualche modo, egli era riuscito a controllare. Heathcliff parte, lascia la tenuta Cime tempestose, fugge da Catherine, fugge le amate brughiere, si precipita lontano dai pochi ricordi felici del tempo vissuto con l’adorata Catherine. Quando ritorna, tanti anni dopo, è un uomo che ha accumulato molte ricchezze, ma non ha dimenticato la violenta passione che sempre lo lega a Catherine; quest’ultima nel frattempo è in attesa del primo figlio, partorisce una bambina, ma non sopravvive al parto.

Il dolore di Heathcliff è quello di un lupo ferito a morte, il suo è lo straziante ululato nella notte buia. Heathcliff prende moglie, ma tormenta la giovane sposa fino a farla impazzire, da lei ha un figlio che non cura e che praticamente odia. Tutto l’amore che provava per la sua Catherine si è trasformato in una profondissima avversione per il mondo intero, nutre in sé il male come unica fonte di difesa, sopravvive al dolore alimentando l’odio e il disprezzo per gli esseri umani. Dopo la morte di Linton e di Hindley, Heathcliff eredita Cime tempestose e, sempre più estraniato dal mondo e desideroso solo di riunirsi alla sua Catherine, il cui fantasma egli dice di vedere ogni notte, assiste al nascente amore tra Cathy, figlia di  Catherine, e Hareton, figlio di Hindley. Heathcliff non si pente, non prova nessun turbamento né contrizione per il male che ha causato: la tensione della sua anima, esplosa con l’amore per Catherine, non si può attenuare, la ferocia bestiale con cui ha vissuto ogni singolo giorno della sua vita, lo sferzante sprezzo per le convenzioni e le regole, hanno fatto di lui un individuo aspramente solitario, costantemente ai limiti della vita, sempre vicino al burrone. Ma è proprio questo che ha condiviso con Catherine: durezza, forza, passione, temerarietà.

La morte non è che un ostacolo temporaneo. Non ci vorrà molto prima che anche  Heathcliff morirà e le due anime, la sua e quella di Catherine, indescrivibilmente forti e voluttuose, ritorneranno a sfrecciare, come i costanti venti glaciali, nell’immensa, arida e grandiosa brughiera inglese.

giovedì 10 Gennaio 2013

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