L’agricoltura baluardo della modernità

Legambiente Corato
Le evoluzioni nel settore primario sono sempre in atto tra innovazione e tradizione
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L’agricoltore è da sempre non è solo colui che coltiva e gestisce i campi cercando di ottenere il massimo possibile dalla produzione rurale. Il settore è in continua evoluzione negli approcci e nelle forme applicative in campo olistico. L’agricoltura produce il 14% delle emissioni mondiali di gas serra, a cui va però aggiunto un ulteriore 18% legato alla deforestazione, che quasi sempre avviene per avere nuovi territori da cui produrre cibo o legname. Parallelamente oltre la metà della popolazione mondiale vive ormai in città o metropoli, e quindi non si produce più da sola il cibo, contando per nutrire i territori viciniori, se non di tutto il mondo, nel caso dei Paesi, come l’Italia, che dipendono dall’import di cibo per sopravvivere. Se questa è la situazione, una idea che può venire in mente è quella di dotare le città di mezzi per produrre da sole, almeno in parte, il cibo che consumano. 

Così si limiterà il consumo di suolo fuori da esse e i trasporti per far arrivare il cibo ai cittadini, che sono fonte di emissioni di CO2. I cambiamenti climatici e la crescita della popolazione mondiale mettono a dura prova i sistemi produttivi tradizionali estensivi. La ricerca di alternative ha portato, negli ultimi tempi, a un grande sviluppo delle colture fuori suolo: idroponica e acquaponica, infatti, offrono un contributo fondamentale alla sfida per nutrire il pianeta. Ma pare che questa semplice soluzione “low tech” non sia sufficiente, per cui da alcuni anni se ne propone un’altra, quella della “agricoltura verticale”, cioè di orti realizzati all’interno di edifici, in cui le piante crescono con sola luce artificiale, in un ambiente sigillato e climatizzato. Una Vertical Farm sforna 4-5 volte più cibo di un orto tradizionale, usando, nel caso delle insalate, un 45esimo dell’acqua. L’impronta idrica dei cibi che mangiamo indica la quantità di acqua necessaria per produrli: si tratta di numeri allarmanti, di cui spesso il consumatore non ha idea, e che cambiano a seconda del tipo di produzione. A livello globale, l’agricoltura è responsabile del 65% dei consumi di acqua e il nostro Paese fa registrare dati decisamente preoccupanti, perché la percentuale è superiore del 25% a quella degli altri stati europei. Nel 2050, inoltre, secondo la FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) la popolazione mondiale supererà i 10 miliardi: sarebbero così necessarie le risorse di due pianeti per rispondere ai bisogni di così tante persone, a meno che non ci sia una radicale inversione di rotta. 

E si può fare molto di più: in Giappone, la serra urbane verticale più grande del mondo, quella a 16 piani di Miyagi, produce 100 volte più insalate, 10mila al giorno, che in pari superficie di campo. L’uso massivo di fattorie verticali sembra quindi poter contribuire a sfamare le città, e anche recuperare anche molta architettura abbandonata. Si producono ortaggi al chiuso, con un clima mantenuto alle condizioni ideali tutto l’anno, e senza temere insetti, batteri o altri parassiti, quindi senza uso di pesticidi. Il supporto delle piante non è terra, ma torba, argilla espansa o lana di roccia, in cui circola la quantità ideale di acqua con disciolte soluzioni nutritive. Un sistema digitale controlla quali sostanze le piante abbiano consumato, e le ripristina nella esatta quantità, senza sprechi o inquinamenti. Infine la crescita delle piante è assicurata dall’illuminazione a led nelle lunghezze d’onda più utili ai vegetali, che replica le condizioni naturali ideali per l’intera giornata, accelerando la fotosintesi clorofilliana. non solo si producono ortaggi di alta qualità, addirittura migliori come l’assenza di contaminati di quelli biologici, si riducono gli sprechi, perché le verdure sono “perfette”, non essendo danneggiate da insetti o eventi meteo, il tutto a pochi metri dai consumatori, azzerando le emissioni e l’inquinamento connessi ai trasporti del cibo. 

Però, ci sono anche molte limitazioni e dubbi sulla sostenibilità di questo tipo di agricoltura. Il primo è che la gamma di vegetali coltivabili è, per ora, molto limitata: ravanelli, insalate, erbe aromatiche, piccoli frutti. Non esattamente il cuore della dieta delle persone. Una soluzione che noi in Italia, e ormai in sempre più Paesi del mondo, potremmo incrementare: le nostre città con orti urbani, realizzati in spazi, dove ci siano terreni abbandonati, che volenterosi cittadini decidono di mettere a frutto, producendo cibo di qualità a chilometri zero, assorbendo emissioni e inquinanti, anche facendo eseguire attività fisica e sociale alle persone. Ma ci sono nuovi campi scoprendo nuove avanguardie: dai sistemi idroponici fuori suolo con recupero dell'acqua per l'irrigazione alla precision farming che unisce dati satellitari, dati raccolti con i droni e con i sensori in campo, big data; dalla viticoltura 4.0 alla difesa integrata delle colture; dalle reti e filiere della birra artigianale, sostenibile e locale, a forme innovative per l’economia circolare.

Ma sono in atto nuove frontiere: da innovazioni tecnologiche relative a processi, prodotti e servizi, applicati a livello di impresa: reti, filiere come soluzioni innovative intraprese tra due o più attori per creare collaborazioni produttive; smart land e smart city: innovazioni che mettano in relazione le aree rurali con quelle urbane e progetti capaci di unire arte, turismo e cultura, creando sinergie fra la dimensione agricola e quella culturale nelle sue varie forme. Piano educativo di imprenditorialità e digitale rivolto agli imprenditori del mondo agricolo; un progetto strategico sui big data del settore agricolo con piattaforme integrate e coinvolgimento di chi genera il dato; piano di infrastrutturazione digitale dei terreni agricoli (smart land); finanza del digitale a misura di azienda agricola; incentivi per l'aggregazione delle Pmi agricole per diffondere e gestire l'innovazione; un programma di impresa 4.0 in chiave agricola e Pmi, prevedendo hub di innovazione digitale (Dih) che forniscano servizi alle imprese e poli di ricerca e innovazione (competence center) collegati alle università, alla ricerca ed alle imprese. Speriamo quindi che queste nuove tecnologie agricole, che sembrano siano destinate a diffondersi molto rapidamente, migliorino di molto la loro efficienza e si trovi il modo di alimentarle in modo sostenibile.

sabato 16 Gennaio 2021

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