Il contributo

La Ecclesia Sancti Nicolai nella Terlizzi normanno sveva

Dott. Vito Bernardi
San Nicola
L'articolo rientra nel Progetto della Pro Loco Unpli Terlizzi dal titolo: "Il Culto di San Nicola a Terlizzi-Storia e tradizione" approvato dalla Regione Puglia-Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e Valorizzazione del Territorio.
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Il culto nicolaiano nei territori  di Puglia, Lucania, Calabria e nel locus Tillizo è da collocare intorno al IX-X secolo con la dominazione bizantina e con la presenza di monaci greci di rito bizantino che vivevano nelle campagne a contatto coi loci e che avranno certamente divulgato quella devozione che nell’Impero d’Oriente si era diffusa sin dal VI secolo.

Il locus Tillizo esternò la sua forte venerazione verso il  Taumaturgo di Mira  attraverso la costruzione di una chiesa sotto il titolo di San Nicola, realizzata prima della traslazione delle reliquie a Bari, e consacrata nel 1086  dal vescovo  Pietro(II) della diocesi di Giovinazzo(1086-1096),monaco benedettino, nella cui circoscrizione era collocato il locus, alla presenza di Fuscone, archipresbiter della ecclesia Sancti  Michaelis Arcangeli, già rettore della chiesa di S. Vito martire, sita  “non multum longe a Tillizo” in località Gurgo. La ecclesia Sancti Nicolai de Lacu o de Muro venne edificata prima della costruzione delle mura cittadine e nelle vicinanze della  Porta del Lago, così chiamata perché a breve distanza, dentro il tessuto urbano, c’era uno spazio di terra sottomesso in cui si depositavano le acque piovane che formavano un piccolo lago(llò d’énde), bonificato nel 1796 sotto il sindacato del nobile Michele Marinelli. Con la trasformazione edilizia del locus Tillizo e quindi con la presenza delle mura la chiesa si vide incorporata nell’ambito spaziale prima del castrum (1107) poi della civitas Terlitii(1133).

Questa chiesa viene citata in un documento del 1098 redatto nella città di Melfi(Molfetta) che il normanno conte Amico, Signore di Terlizzi, aveva conquistato. Il regesto del documento così recita: ”Grisolito di Silvestro e prete Bisanzio di detto Grisolito del luogo Tillizo, nella città di Melfi(Molfetta), presenti i giudici Gregorio e Giovanni, donano alla chiesa di San Nicola posta nel medesimo luogo una casa presso la chiesa e due vigne site in luogo Sovereto con altri beni, ricevente per detta chiesa il loro signore, Goffredo del Conte Amico”(C.D.B.,III,doc.n.31,Le Pergamene della Cattedrale di Terlizzi(971-1399)a cura di F. Carabellese, Bari 1899).La donazione viene fatta da Grisolito e dal prete Bisanzio per le loro anime ”pro animabus nostris”.Il legato pro anima era una pratica molto diffusa nel Medioevo, fatto alla Chiesa da vivente o  in punto di morte in sconto dei  peccati.

Un altro atto del 1138(C.D.B.,III,n.54)riguarda un testamento compiuto  in punto di morte da Russone di Marco, alla presenza degli epitropi(funzionari greci)da lui costituiti, in favore dei fratelli e dei nipoti ai quali vengono dati beni, e in favore della chiesa di San Michele Arcangelo, dell’Episcopio, della chiesa di San Nicola e dei poveri della città che vengono dotati di lasciti pii. Dona il Russone alla chiesa di San Nicola ”duos milliarenses dent ecclesie sancti Nicolai  eiusdem  civitatis” (il miliarese, moneta d’argento bizantina). E’ interessante anche la carta datata  1149 con la quale Roberto di Pietro fa testamento, concedendo un lascito pio pro anima mea di sei ducali(moneta normanna) in favore della “ecclesie Sancti Nicolai in cuius cimiterio sepeliendus ero”(C.D.B.,III,n.62). La presenza del cimitero attorno alla nostra chiesa dimostra il desiderio del testatario Roberto di essere seppellito nel  suddetto cimitero per avere dopo la morte la protezione perpetua del Taumaturgo di Myra.

Nel Medioevo questa sepoltura veniva chiamata “ad santos” cioè vicino ai santi. In un altro atto in data 1175(C.D.B.,III,n.117) si parla di un certo Elia che, essendo anche lui in punto di morte, alla presenza di giudici e baroni, dispone per testamento “pro anima mea  ducales decem  ecclesie sancti Nicolai de laco”(ducale, moneta d’argento normanna) .Similmente il documento datato 1204(C.D.B.,III,n.192) che parla di un certo Leone di Aitardo che in punto di morte assegna per testamento lasciti pii  pro anima alla “ ecclesie sancti Nicolai de lago solidos quatuor ad beneficium ipsius ecclesie” ( il solido moneta d’oro bizantina).Da prendere in considerazione la carta del 1229(C.D.B.,III,n.170)con la quale si attesta la presenza nella chiesa di S. Nicola di chierici addetti al servizio del culto.

L’arciprete Guarangi della chiesa di S. Angelo alla presenza di giudici e baroni chiede  la trascrizione di un testamento redatto dal notaio Quirico nel 1195 con il quale Tommaso prete lasciava eredi i propri nipoti e concedeva molti legati pii a chiese in particolare ai ” clericis servientibus in ecclesia  sancti  Nicolai ,in qua diu domino servire proposui, clausurea de olivis non longe a civitate”.(ai chierici consacrati al servizio divino nella chiesa di San Nicola, nella quale mi proposi di servire di giorno il Signore, sia data una chiusura di ulivi(terra coltivata ma recintata)non distante dalla città”. Questa donazione dimostra che sin dall’inizio la ecclesia aveva propri  chierici dediti al servizio divino e alla propagazione del culto nicolaiano. Nell’ultimo atto in esame del 1260(C.D.B..,III,n.275) troviamo per la prima volta la ecclesia Sancti Nicolai con la denominazione de Muro, posta nella zona orientale della civitas.  Si parla della divisione di una torricella e di una casa che confinavano ”in parte orientis iuxta ecclesiam sancti Nicolai de Muro dirutam” .

I documenti succitati ci parlano di lasciti, di donazioni in vita o in punto di morte che dimostrano il forte attaccamento dei terlizzesi al Taumaturgo di Myra. La ecclesia Sancti Nicolai de Lacu  o de Muro che per un secolo e mezzo aveva custodito e diffuso il culto nicolaiano si presenta diruta, in rovina, cadente come asserisce la carta del 1260, per cui i cives  Terlitienses cercarono una soluzione alternativa trovandola, sempre all’interno del contesto urbano, nella corte chiamata di S. Nicola  che presentava un vasto spazio circondato da case a schiera accessibili  da una entrata arcuata. La ecclesia  sotto il titolo di “Sancti Nicolai de Lacu o de Muro” con tutti i suoi benefici fu trasferita in un terrineo (pianterreno) riadattato a chiesa non lontano dalla primitiva ubicazione(C.D.P.,XXII, docc. nn.25-27, Le pergamene della Cattedrale di Terlizzi(1266-1381) a cura di F. Magistrale, Bari 1976).

Dopo  questo trasferimento  nei documenti notarili  sarà indicata solamente con il titolo di “ecclesia Sancti Nicolai de Lacu”. Nella nuova dimora la vita della chiesa continuava con le varie celebrazioni liturgiche a cui erano preposti diversi chierici di cui fa menzione la pergamena del 1229  e con la diffusione da parte degli stessi chierici nel piccolo mondo contadino del locus Tillizzo del culto nicolaiano che si diffondeva in tutte le classi sociali, tra la nobiltà, il popolo minuto, la piccola borghesia, un microcosmo che dopo l’anno Mille, sviluppando l’agricoltura e il commercio, aveva garantito al locus un incremento urbanistico ed edilizio, benessere e sviluppo sociale e che diventerà al termine degli eredi del conte Amico castrum, infine  civitas. Intanto, nel 1297 papa Bonifacio VIII sopprimeva l’Abbazia benedettina della SS. Trinità di Venosa in Lucania e assegnava il complesso monastico ai Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme (cavalieri di Malta).

Questo Ordine religioso militare, nato in Terrasanta durante la prima Crociata, incamerava non solo l’Abbazia ma anche tutte le pertinenze tra cui le chiese. La nostra ecclesia Sancti Nicolai de Lacu in questo periodo veniva aggregata all’Abbazia benedettina della SS. Trinità di Venosa alle dipendenze dei Giovanniti. Il complesso abbaziale venosino venne fondato intorno alla metà dell’XI secolo dai benedettini sostenuti dalla nobiltà normanna che lo elesse a tempio sepolcrale della stirpe degli Altavilla. Una testimonianza documentale riguardante la nostra ecclesia dipendente dalla predetta abbazia la ricaviamo dalle Rationes decimarum dell’anno 1332 e precisamente dai registri chiamati Collettorie dell’Archivio Vaticano ove venivano registrate le decime(la decima parte del reddito annuale) che Ordini, monasteri, diocesi, chiese erano obbligati a dare alla Chiesa. In questi registri risulta che la valutazione  del reddito annuo del patrimonio dotale della nostra chiesa, inserita però tra i benefici esenti, si aggirava intorno alle due once d’oro(moneta di conto). In quanto appartenente all’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni la ecclesia Sancti Nicolai de Lacu nulla doveva alla Chiesa e godeva anche di piena autonomia che le garantiva il diritto di non avere alcuna intrusione nelle sue faccende da parte dei vescovi diocesani.

Difatti, dopo il Concilio di Trento che dispose ai Vescovi di effettuare nelle proprie diocesi  visite pastorali,   nessun vescovo di Giovinazzo ha mai messo piede nella chiesa; né Giovanni Antonio Viperano nella visita del 1598, né Gregorio Santacroce nel 1607,né Carlo Maranta nel 1638. Solo Fra’ Antonio Pacecco da Frosolone dell’Ordine dei Minori dell’Osservanza, vescovo di Bisceglie , poté fare una visita pastorale avendo avuto nel giugno del 1725 carta bianca dal papa Benedetto XIII al fine di sedare i continui disordini che si verificavano nel Capitolo tra i sostenitori della autonomia della Chiesa terlizzese da Giovinazzo e i sostenitori della obbedienza al  vescovo diocesano. Le disposizioni papali permisero al vescovo Pacecco di effettuare la visita alla chiesa il sei di luglio del 1725  anche se, essendo alle dipendenze dei Giovanniti, non era soggetta alla giurisdizione del vescovo diocesano e quindi a visita. Dall’esame degli “Acta Visitationis Apostolicae”(ACT vol. manoscritto s.c., ff.28v-33r)risulta che era situata dentro le mura della Città in una corte chiamata di San Nicola, presso la casa palazziata della famiglia de Lioy.

Il Pacecco, dopo aver constatato la sua appartenenza all’Ordine gerosolimitano della SS. Trinità di Venosa, passò a controllare la struttura. Trovò in essa un unico altare con una immagine di San Nicola, dipinta su tela non di grande pregio; l’altare non si presentava in buone condizioni ed invitò a sistemarlo meglio e ad ornarlo; passò a visionare l’interno che trovò a navata unica con i muri ben solidi e il tetto e il pavimento ben fatti; stabilì che si procedesse ad imbianchire l’interno e l’esterno e che si sistemassero la porta della chiesa e la finestra di legno e che si facesse la vetrata alla finestra; prese atto che la chiesa non possedeva sacrestia ed invitò a fornirsi di tutte le suppellettili sacre. Tutte queste disposizioni riguardanti una migliore conduzione della struttura sacra furono inoltrate ai Fratres  milites  dell’Ospedale della SS. Trinità di Venosa. Dopo la visita  del Pacecco, nessun vescovo diocesano in visita pastorale a Terlizzi ha mai citato nella sua relazione la presenza di questa chiesetta che con le varie celebrazioni liturgiche continuava la sua opera  di diffusione del culto nicolaiano non solo tra il popolo minuto ma anche tra la piccola borghesia terriera e commerciale e l’antica nobiltà, rimanendo un faro di fede e punto di riferimento per i devoti del Santo di Myra anche nel XVIII e XIX secolo.

Un culto che si diffondeva anche grazie a una capillare diffusione della iconografia del Santo, con oleografie quasi in ogni casa, nella Collegiata di Sant’Angelo(1258) con una statua di S. Nicola a latere di quella dell’Assunta sull’altare maggiore, nella chiesa di S. Maria della Stella, appartenente al Capitolo della Collegiata di S. Michele con una immagine del Santo su un altare minore “depicta sub tela quasi lacera”, simile a quella che il Visitatore Apostolico Pacecco aveva trovato sull’altare della Ecclesia Sancti Nicolai de Lacu il 6 luglio del 1725. In alcune famiglie della nobiltà era molto diffusa  e radicata la devozione verso San Nicola. Da citare la famiglia Lioy che era originaria di Venosa ed iscritta al primo ceto della città di Terlizzi verso l’anno 1570 e che si era arricchita con l’attività agricola e il commercio.

L’esponente di spicco della famiglia fu Potenziano che nel 1579 acquistò delle costruzioni piccole e fatiscenti, casette, bassi, magazzini, situate a breve distanza dalla corte San Nicola(chiamata nelle carte medievali platea) ove era ubicata la ecclesia Sancti  Nicolai de Lacu. Procedette al loro abbattimento e alla costruzione sul suolo di fronte alla chiesa, che dipendeva dall’Ordine gerosolomitano della SS. Trinità di Venosa e che gli ricordava la città natale e l’Abbazia benedettina della SS. Trinità, di una casa palazziata “sita dentro Terlizzi nella strada che va dalla Porta del Lago”(R. Silvestri Baffi, Tre secoli di storia minore pugliese. Da una cronaca familiare e da documenti inediti(1573-1874), Schena 1978).In questa strada( già strada del lago, poi Lioy vecchio ora Paolo Rutigliano) era concentrata tutta l’attività economica e sociale della città.

Le taberne dei notai  e dei venditori di vino, le botteghe artigiane, i depositi di merci di proprietà di ebrei la cui presenza è documentata dal 1137(C.D.B.,III,docc..nn.49-50).Una devozione familiare, quella dei Lioy, che veniva dimostrata ogni anno con l’organizzazione di solenni festeggiamenti  in onore del Santo durante i quali veniva distribuito a poveri e bisognosi  del pane, col tenere la chiesa in maniera dignitosa, fornendola di suppellettili , di cera per l’altare ,di olio per le lampade, di arredi sacri, e  restaurandola in più occasioni Nel testamento di Antonio Lioy, figlio di Potenziano, stilato il 22.9.1648 in Giovinazzo per notar Francesco Antonio Riccio, troviamo  la conferma di questo amore per il Santo e per la chiesa, che si protrasse fino all’inizio del XIX secolo quando un esponente dei Lioy prese l’incarico di esigere  le rendite provenienti dal territorio di Terlizzi destinate al Sacro Altare della cripta della Basilica di Bari ove è custodito il corpo del Taumaturgo.

Da queste testimonianze risulta che fino all’Ottocento l’attività cultuale in questa chiesa era assicurata.

Probabilmente fu chiusa per mancanza  di clero che officiasse o per  mancata manutenzione che causò il suo deperimento o  per il sopraggiungere di altri culti  che avrebbero soppiantato il nicolaiano. Il culto però viene ripreso nell’Ottocento e nel Novecento da parte della confraternita di San Giuseppe,  le cui origini risalgono al 1703, ed officiato  nella omonima chiesa  sita nel nucleo antico della città a poca distanza dalla corte di San Nicola nella quale si trovava la ecclesia Sancti  Nicolai de Lacu, con la celebrazione delle sacre funzioni e con l’esercizio di pratiche come la novena che si teneva all’alba in preparazione della festa liturgica del Santo, alla quale partecipavano  fanciulli/e con mamme e nonne, contadini prima di recarsi in campagna; la questua fatta dai confratelli durante la campagna delle olive il cui ricavato serviva per far fronte alle spese della festa, per l’acquisto del pane da distribuire ai devoti ,ai poveri e ai bisognosi e per la costituzione delle doti  per ragazze da marito indicenti. Con la ripresa del culto nella popolazione si assistette ad una costante diffusione del nome del Santo sotto varie forme: Nicola, Niccolò o Nicolò.

Agli inizi del Novecento la confraternita per rendere visibile la forte devozione dei terlizzesi verso il Taumaturgo di Myra volle affrontare l’acquisto di una statua in cartapesta che è collocata in una nicchia laterale della chiesa. San Nicola viene rappresentato in abiti vescovili, con il pallio, il pastorale, il Vangelo su cui poggiano tre sfere che ricordano la dote fatta dal Taumaturgo alle tre fanciulle da marito, con la destra benedicente alla greca(unione di pollice e anulare), gli stanno accanto Adeodato il coppiere dell’emiro salvato dalla schiavitù e la tinozza  con i tre bimbi  uccisi dall’oste malvagio e risuscitati. Con questa panoramica sulla storia della ecclesia Sancti Nicolai de Lacu, si è voluto, pur con le limitate testimonianze documentali a nostra disposizione, ripercorrere l’iter di una chiesa che per la città e la sua gente, pur attraversando nella sua lunga storia alterne vicissitudini, è stata faro di fede e di diffusione del culto nicolaiano. Mi piace riportare a chiusura di questo articolo l’inno a San Nicola che i fedeli cantano durante il Triduo in preparazione della festa, triduo che con il Vaticano II ha soppiantato l’antica novena:

”Deh! Vieni, o potente Pastore di Mira un raggio c’ispira di santa bontà.

Rit.:Prega per noi, Padre Santo Nicola

D’amore celeste il cuore ne accendi, proteggi e difendi la nostra città.

Rit.:Prega per noi, Padre Santo Nicola

Tu Angelo eletto, tra spoglia mortale sei vivo nel frale sei vivo nel ciel.

Rit.:Prega per noi, Padre Santo Nicola

lunedì 5 Dicembre 2022

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